[Esplora il significato del termine: Marea nera, deciso lo stato di emergenza Il Pentagono invia uom, Scoperta una terza falla, in mare cinquemila barili di petrolio al giorno. Casa Bianca: «La Bp deve pagare»

« Older   Newer »
  Share  
« TKià
view post Posted on 10/7/2010, 15:19




NEW ORLEANS - All’inizio sembrava soltanto un grave incidente ambientale. Ma in meno di una settimana si profila l’incubo di una catastrofe ecologica. Ogni giorno porta notizie sempre meno positive sulla fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma della Bp Deepwater Horizon sprofondata nel Golfo del Messico il 22 aprile. Così da giovedì l’incidente è diventato un caso di emergenza nazionale negli Usa, con la Casa Bianca in campo e il Pentagono chiamato all’intervento diretto per cercare di fermare la marea nera che nella giornata di venerdì, secondo le previsioni, arriva a toccare la costa, a sud di New Orleans. E le notizie, giorno dopo giorno, delineano uno scenario sempre peggiore. Il flusso, si è saputo, è cinque volte più grande di quanto stimato inizialmente (foto da satellite - video). Secondo la Guardia costiera americana si stanno riversando in mare più di 5mila barili di greggio al giorno. Ed è stata anche scoperta una nuova falla. Michael Abdenhoff, portavoce della British Petroleum, ha confermato l’esistenza di una terza frattura a 1.550 metri sotto il mare, ma ritiene che questa non abbia provocato un incremento della fuoriuscita di petrolio: «Abbiamo trovato una nuova falla, che si aggiunge alle due già esistenti. Ma noi pensiamo che il volume di petrolio che fuoriesce in mare resti invariato». Anche se fosse, le previsioni peggiori indicano che prima di tre mesi non sarà possibile chiudere del tutto le falle. Se fosse vero, cosa resterebbe dell’ambiente marino e delle coste del golfo del Messico? «GRAVITÀ NAZIONALE» - La marea nera arriva giovedì sera sulle Isole Chandeleur, 24 ore prima di quanto finora previsto: uno dei tentacoli della macchia di petrolio si trova a pochissimi chilometri dall’oasi protetta Pass-A-Loutre Wildlife Management Area, alla foce del Mississippi. L’Epa, Envirnomental protection agency, mette a punto le contromisure, mentre la Guardia costiera ha spiegato che il test dell’incendio controllato è stato «un successo» ma che giovedì non è stato possibile ripeterlo a causa dei venti. «Continueremo a bruciare la marea di petrolio non appena le condizioni lo permetteranno», ha detto il contrammiraglio Brice O’Hare. Dal canto suo il presidente Obama, informato della gravità della situazione, ha messo a disposizione per le operazioni di contenimento ogni risorsa, comprese le forze armate del Pentagono cui ha chiesto attrezzatura e uomini. «È un fatto di gravità nazionale per gli Stati Uniti» ha detto il ministro per la sicurezza interna Janet Napolitano, che venerdì sarà in Louisiana con la responsabile della protezione ambientale Lisa Jackson. Durante il briefing alla Casa Bianca un alto funzionario ha detto che ci potranno volere tre mesi per fermare la perdita di petrolio. Washington ha stanziato dei fondi federali ma ha anche detto chiaramente che i costi degli interventi ricadranno sulla compagnia inglese Bp, ritenuta «parte responsabile» e da cui gli Usa si aspettano la «reazione più forte possibile» al disastro, che sta attualmente impegnando più di mille persone. La British Petroleum ha accusato il colpo: «Accettiamo qualsiasi tipo di aiuto» ha detto il direttore Doug Suttles. Ma sulle cause del disastro Bp e Transocean (la società svizzera proprietaria della piattaforma) si accusano reciprocamente. Gli Usa hanno ordinato ispezioni su tutte le piattaforme nel golfo del Messico e il ministro dell’Interno Ken Salazar ha incontrato i vertici delle società petrolifere che operano off-shore.] NEW ORLEANS - All'inizio sembrava soltanto un grave incidente ambientale. Ma in meno di una settimana si profila l'incubo di una catastrofe ecologica. Ogni giorno porta notizie sempre meno positive sulla fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma della Bp Deepwater Horizon sprofondata nel Golfo del Messico il 22 aprile. Così da giovedì l'incidente è diventato un caso di emergenza nazionale negli Usa, con la Casa Bianca in campo e il Pentagono chiamato all'intervento diretto per cercare di fermare la marea nera che nella giornata di venerdì, secondo le previsioni, arriva a toccare la costa, a sud di New Orleans. E le notizie, giorno dopo giorno, delineano uno scenario sempre peggiore. Il flusso, si è saputo, è cinque volte più grande di quanto stimato inizialmente (foto da satellite - video). Secondo la Guardia costiera americana si stanno riversando in mare più di 5mila barili di greggio al giorno. Ed è stata anche scoperta una nuova falla. Michael Abdenhoff, portavoce della British Petroleum, ha confermato l’esistenza di una terza frattura a 1.550 metri sotto il mare, ma ritiene che questa non abbia provocato un incremento della fuoriuscita di petrolio: «Abbiamo trovato una nuova falla, che si aggiunge alle due già esistenti. Ma noi pensiamo che il volume di petrolio che fuoriesce in mare resti invariato». Anche se fosse, le previsioni peggiori indicano che prima di tre mesi non sarà possibile chiudere del tutto le falle. Se fosse vero, cosa resterebbe dell'ambiente marino e delle coste del golfo del Messico?

«GRAVITÀ NAZIONALE» -
La marea nera arriva giovedì sera sulle Isole Chandeleur, 24 ore prima di quanto finora previsto: uno dei tentacoli della macchia di petrolio si trova a pochissimi chilometri dall'oasi protetta Pass-A-Loutre Wildlife Management Area, alla foce del Mississippi. L'Epa, Envirnomental protection agency, mette a punto le contromisure, mentre la Guardia costiera ha spiegato che il test dell'incendio controllato è stato «un successo» ma che giovedì non è stato possibile ripeterlo a causa dei venti. «Continueremo a bruciare la marea di petrolio non appena le condizioni lo permetteranno», ha detto il contrammiraglio Brice O'Hare. Dal canto suo il presidente Obama, informato della gravità della situazione, ha messo a disposizione per le operazioni di contenimento ogni risorsa, comprese le forze armate del Pentagono cui ha chiesto attrezzatura e uomini. «È un fatto di gravità nazionale per gli Stati Uniti» ha detto il ministro per la sicurezza interna Janet Napolitano, che venerdì sarà in Louisiana con la responsabile della protezione ambientale Lisa Jackson. Durante il briefing alla Casa Bianca un alto funzionario ha detto che ci potranno volere tre mesi per fermare la perdita di petrolio. Washington ha stanziato dei fondi federali ma ha anche detto chiaramente che i costi degli interventi ricadranno sulla compagnia inglese Bp, ritenuta «parte responsabile» e da cui gli Usa si aspettano la «reazione più forte possibile» al disastro, che sta attualmente impegnando più di mille persone. La British Petroleum ha accusato il colpo: «Accettiamo qualsiasi tipo di aiuto» ha detto il direttore Doug Suttles. Ma sulle cause del disastro Bp e Transocean (la società svizzera proprietaria della piattaforma) si accusano reciprocamente. Gli Usa hanno ordinato ispezioni su tutte le piattaforme nel golfo del Messico e il ministro dell'Interno Ken Salazar ha incontrato i vertici delle società petrolifere che operano off-shore.

APPELLO PER GLI AIUTI - Il governatore della Louisiana Bobby Jindal ha decretato lo stato di emergenza e ha lanciato un appello affinché siano inviati aiuti d’emergenza per scongiurare una catastrofe ambientale: «La nostra priorità assoluta è quella di proteggere i nostri cittadini e l’ambiente. Gli aiuti supplementari sono fondamentali per attenuare l’impatto della marea nera sulle nostre coste». E arrivano le prime cause: gli allevatori di gamberi della Louisiana, che nel delta del Mississippi hanno la loro ragione di vita, hanno denunciato Bp per ] APPELLO PER GLI AIUTI - Il governatore della Louisiana Bobby Jindal ha decretato lo stato di emergenza e ha lanciato un appello affinché siano inviati aiuti d’emergenza per scongiurare una catastrofe ambientale: «La nostra priorità assoluta è quella di proteggere i nostri cittadini e l’ambiente. Gli aiuti supplementari sono fondamentali per attenuare l’impatto della marea nera sulle nostre coste». E arrivano le prime cause: gli allevatori di gamberi della Louisiana, che nel delta del Mississippi hanno la loro ragione di vita, hanno denunciato Bp per "negligenza e inquinamento". Nell'azione legale collettiva per cinque milioni di dollari sono citati anche Transocean e Halliburton, il gigante dell'energia che aveva effettuato riparazioni a bordo, forse all'origine dell'esplosione che l'ha fatta affondare.

50 ANNI PER RIPRENDERSI -
E mentre la macchia nera continua a ingrandirsi (ha una superficie di 74mila km quadrati e una circonferenza di 970 km), gli esperti cominciano a valutare i danni all'ecosistema. «Questo rischia di essere il più grande disastro naturale della storia - spiega Silvio Greco, dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) -: fra gli effetti sulle coste e quelli sui fondali l'ecosistema impiegherà almeno 50 anni per riprendersi dalla catastrofe». Le zone del delta del Mississippi sono già presidiate in attesa dell'arrivo dell'onda, previsto per venerdì sera. Disposti 30 chilometri di barriere lungo la costa, con altri 150 pronti ad essere posizionati; previsto inoltre l'uso dei cannoni per spaventare gli uccelli e farli volar via e l'impiego dei battelli dei pescatori per versare detergenti dove ci sono le secche. Misure che rischiano però di rivelarsi dei palliativi, data l'enorme quantità di petrolio riversato in mare: «Non ci sono le capacità per evitare che la marea raggiunga le coste a questo punto - spiega Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente -. Una volta che le coste sono contaminate si può intervenire con i volontari ogni volta che si vede un animale in difficoltà, mentre i metodi di dissuasione possono forse funzionare per gli uccelli, ma non per i grandi pesci pelagici». Il danno per l'ecosistema sarà incalcolabile, affermano gli esperti, e si farà sentire a tutti i livelli: «Ci saranno danni sia per gli organismi più piccoli, come il fitoplancton di cui si nutrono diversi organismi marini, sia per i pesci e i mammiferi - conferma Greco -, molte delle sostanze tossiche inoltre si accumulano man mano che si sale nella catena alimentare fino ad arrivare agli animali più grandi, per non parlare di quelle che si depositano sul fondo».

TONNO ATLANTICO A RISCHIO - Il disastro non poteva capitare in un momento peggiore, visto che questo è il periodo in cui la maggior parte degli animali si ferma nella zona per riprodursi. Secondo i biologi americani, la specie a rischio più immediato è quella del tonno atlantico: già in via di estinzione, questo pesce deposita le uova nel golfo del Messico proprio tra metà aprile e metà giugno. In pericolo anche le tartarughe marine: cinque delle sette specie conosciute scelgono proprio il delta del Mississipi per le loro rotte migratorie. Nel golfo c'è anche una delle nursery preferite dagli squali, nelle Chandeleur Islands, minacciate molto da vicino dalla marea. I cetacei sono a rischio sia per gli effetti diretti del petrolio inalato o ingerito sia perché sarà contaminato anche il loro cibo principale, il krill. Infine una grande quantità di uccelli, dai pellicani che depongono le uova in questo periodo ad altre specie di migratori (96 solo di passeri), scelgono proprio le aree umide del golfo come sosta nelle loro rotte. «L'unico modo per ripulire le coste è meccanicamente - conclude Greco -, ma dubito che ci siano sufficienti forze per un'area così vasta. Per una contaminazione analoga ma molto più piccola nella Locride l'anno scorso abbiamo dovuto usare 500 volontari per una settimana».

POLITICA ENERGETICA - Oltre che sull'ambiente, la marea nera è destinata ad avere effetti diretti sulla politica energetica dell'amministrazione Obama, almeno per quanto riguarda le trivellazioni. A marzo, tra le polemiche degli ambientalisti, il presidente ha dato la sua autorizzazione a nuove piattaforme off-shore nell'Atlantico, davanti alle coste del Delaware, di New York, della Florida. Il piano ha l'obiettivo di ridurre la dipendenza energetica degli Usa dal petrolio estero, in particolare dai Paesi con cui gli Usa non hanno buoni rapporti. Per questo era stato accolto con favore oltre che dall'industria del settore anche dall'opposizione repubblicana. In attesa che i pannelli solari, le turbine eoliche o le centrali nucleari comincino a produrre tutta l'energia di cui l'America necessita, gli Usa continuano ad aver bisogno di petrolio. Obama ha pensato di andare a prenderlo sotto il mare, non solo davanti alle coste della California o del golfo del Messico ma anche davanti alle coste Atlantiche. E ora la Casa Bianca difende il piano: «Propone un processo ponderato e scientificamente fondato per determinare quali nuove aree siano adatte all'esplorazione e allo sviluppo e per valutare potenziali rischi e benefici» ha indicato in un comunicato, sottolineando che si lavorerà a stretto contatto con il Congresso e i governatori.


FONTE
 
Top
Mffin13
view post Posted on 11/7/2010, 10:51




CITAZIONE
50 ANNI PER RIPRENDERSI

Cavolo!!!!! 50 anni? Sono tantissimi!!! :blink: nel frattempo chissà quanti animali moriranno!
 
Top
« TKià
view post Posted on 11/7/2010, 12:11




Infatti!! ù.u
 
Top
PinkDolphin
view post Posted on 12/7/2010, 13:40




CITAZIONE (Mffin13 @ 11/7/2010, 11:51)
CITAZIONE
50 ANNI PER RIPRENDERSI

Cavolo!!!!! 50 anni? Sono tantissimi!!! :blink: nel frattempo chissà quanti animali moriranno!

Quoto!
 
Top
3 replies since 10/7/2010, 15:19   77 views
  Share